Volpe 2-1-8: soccorso in valanga
di D. Daverio
Quando si parla di Guardia di Finanza, l'associazione di idee porta a pensare alla lotta all'evasione fiscale e al controllo di traffici illeciti verso il nostro Paese. Quindi, estendendo il discorso al servizio aereo dello stesso Corpo, gli si attribuiscono gli stessi compiti, anche se svolti diversamente, con un orientamento verso il controllo dei confini di Stato e delle acque territoriali, data la flessibilità del mezzo aereo in questo tipo di operazioni. Tutto questo non è errato, ma sbagliamo se pensiamo che i compiti della componente aerea si limitino a questi appena elencati.
Infatti, una parte delle missioni svolte dalle Sezioni Aeree della GdF dislocate sul territorio nazionale riguarda il risvolto umanitario, cioè il soccorso aereo, la protezione civile e il trasporto urgente sanitario (sia di pazienti che di organi). Per entrare più nel dettaglio, IMA Photos ha visitato la Sezione Aerea della Guardia di Finanza basata a Venegono Superiore (VA), la quale venne attivata sul finire degli anni '50 con l'introduzione del AB.47J tra le file del Corpo, versione del AB.47G potenziata per poter operare in territorio montano.
Questa sezione, alle dipendenze del Reparto Aeronavale della Guardia di Finanza con sede a Como, ha giurisdizione sulle regioni di Lombardia, Piemonte e Valle d'Aosta che, tradotto in cifre, significano oltre 52.000 Kmq di superficie e 14 milioni di abitanti stanziali (pari a circa un quarto della popolazione italiana). Per espletare le varie tipologie di missione assegnate, la Sezione di Venegono può contare su 7 piloti e 13 specialisti, i quali hanno a disposizione due elicotteri AB.412HP (costruito da AgustaWestland su licenza Bell) e un NH-500MC (costruito dalla Breda-Nardi negli anni '70, su licenza della Hughes americana); il primo, bimotore e quadripala, è derivato dalla versione utilizzata per il pattugliamento marittimo, ma con la rimozione di console di controllo, galleggianti d'emergenza e torretta FLIR; il secondo, piccolo e maneggevole, rappresentò il “tuttofare” utilizzato dall’esercito americano sin dagli anni ‘60 e venne acquisito dalla Guardia di Finanza nel decennio successivo. Le due diverse classi di elicottero offrono la possibilità di intervenire con modalità differenti, secondo le necessità.
Grazie all'utilizzo di questi mezzi aerei, la Sezione Aerea copre un servizio di allarme di pronto intervento dall’alba al tramonto tutti i giorni dell’anno, con una prontezza operativa di circa 30 minuti dalla chiamata. La stessa è inoltre inserita a pieno titolo nella componente aeronavale del Corpo, che grazie all'interazione dei propri mezzi (aerei, navali e di terra) costituisce un dispositivo integrato di sicurezza.
L'attività di soccorso ha sempre fatto parte dei compiti istituzionali della Sezione Aerea della Guardia di Finanza, tant'è che già nel 1976 prese parte alle operazioni in soccorso della popolazione del Friuli in seguito al terremoto che ne devastò il territorio; data l'impossibilità di raggiungere molti paesi colpiti dal sisma, l'elicottero si rivelò di fondamentale importanza per la velocità d'intervento e le possibilità di movimento offerte dallo stesso. Nel marzo del 1986, gli elicotteri della GdF intervenirono in soccorso alla popolazione della provincia di Sondrio, mentre nel 1994 e nel 2000 intervenirono in seguito all'esondazione del fiume Tanaro e all'alluvione che colpì la zona del fiume Po. Due anni dopo, l'emergenza procurata dall'invaso epiglaciale vicino a Macugnaga (VB) richiese ancora una volta l'intervento dei mezzi di Venegono, in seguito al quale Guido Bertolaso (allora direttore del Dipartimento di Protezione Civile) inviò una lettera d'encomio per il lavoro svolto in quell'occasione. Questi sono forse i casi più noti nei quali sono intervenuti gli elicotteri della Sezione Aerea; ci sono però interventi minori ma non meno importanti nei quali il contributo apportato è stato di vitale importanza. Nel 2008, infatti, le sortite portate a termine dalle Fiamme Gialle sono state 99, mentre l'anno successivo sono state 61, pari a circa il 15% del totale delle missioni volate durante ogni anno solare.
I numeri forse non sono in grado di spiegare e giustificare quale sia l'importanza del lavoro di questi uomini; vediamo quindi come si svolge una missione di soccorso in montagna, salendo a bordo di uno dei mezzi aerei impegnati in una missione d'addestramento.
Inizia la missione
La giornata promette bene: l'alba si presenta soleggiata, il cielo terso e punteggiato qua e là di qualche nuvola in alta quota. Mi presento al Comando della Sezione Aerea di prima mattina e vengo accolto come un amico: sul piazzale, però, non vedo alcun elicottero, sono ancora parcheggiati nell'hangar. Subito mi avvisano che anche in Italia potrebbe arrivare lo stop ai voli causato dalla nube di cenere prodotta dal vulcano islandese Eyjafjallajokull, che da tre giorni ha ripreso l'attività e ha già causato il blocco degli aeroporti dell'Europa settentrionale e milioni di euro di perdite alle compagnie aeree. Nulla è ancora perduto; il personale della GdF si è già attivato e sta contattando i vari enti del traffico aereo e dell'aviazione civile per capire come si evolverà la situazione. Verso le 9 circa arriva la clearance per il decollo: ci vestiamo, prendiamo ognuno il proprio zaino o borsone e ci dirigiamo verso gli elicotteri. Un equipaggio è destinato ad una missione di ricognizione terrestre sul territorio della provincia di Milano utilizzando il NH-500MC, mentre io vengo assegnato all'equipaggio del AB.412 che supporterà la Stazione del Soccorso Alpino della Guardia di Finanza di Sondrio e il Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico (CNSAS) durante un’attività di addestramento alla ricerca e soccorso di alpinisti travolti da una valanga. La nostra destinazione è Chiesa di Valmalenco, in Valtellina, quota 2000 metri.
Faccio subito conoscenza con l'equipaggio che mi accompagnerà in missione. Assisto al decollo del Breda-Nardi e subito l'Agusta-Bell viene portato sul piazzale e approntato per il decollo. I piloti prendono posto in cabina mentre gli specialisti controllano che tutto sia a posto e pronto per il volo. Qualche scatto mentre i due motori Pratt & Whitney vengono accesi e poi salgo a bordo, dove vengo assicurato alla panca e equipaggiato con le utilissime cuffie, che serviranno per sentire le comunicazioni radio e interfono ma, soprattutto, per isolarsi dal rumore prodotto da motori e rotore principale. Mentre il pilota aumenta i giri motore, le vibrazioni incrementano d'intensità, ma non appena i pattini si staccano dal suolo, queste svaniscono. La prima impressione è che, a bordo dell'elicottero, si sta meglio in volo che a terra!
Prendiamo quota e ci dirigiamo verso il lago di Como, che percorriamo per tutta la sua lunghezza, stando in prossimità della sponda occidentale, prima di imboccare la Valtellina e la Valmalenco per dirigerci verso la nostra destinazione. Più ci spingiamo verso nord e più la quota aumenta; nel giro di pochi minuti il paesaggio verde, tipico delle provincie di Varese e Como, si fa più aspro e asciutto, fino a lasciare lo spazio al bianco della neve e al grigio delle rocce. Avvistiamo le due torri della funivia “Al Bernina”, che scoprirò essere proprio la nostra destinazione.
Sono ormai le 10: dopo un viaggio di circa 40 minuti, atterriamo sulla neve, dove ci aspettano le squadre degli operatori del CNSAS e della SAGF. Non appena il freno rotore blocca la rotazione delle pale del AB.412, i soccorritori ci raggiungono e scambiamo qualche veloce saluto con loro, dato che l'attività prevista per la giornata non è poca: 3 squadre composte ognuna da sette persone e un cane dell'unità cinofila, dovranno essere condotte sul luogo della valanga simulata e calate con il verricello oppure lasciate a terra mentre l'elicottero è in hovering. Tempo massimo per trovare gli alpinisti sepolti sotto la neve: 30 minuti. Uno degli istruttori del Soccorso Alpino, insieme agli specialisti del AB.412, eseguono un briefing per “ricordare” le procedure di sicurezza per operare a bordo dell'elicottero; nel frattempo, altri istruttori vengono portati con la motoslitta sul luogo della valanga, per preparare la scena. Per quanto riguarda il mio posizionamento durante le operazioni, seguirò da terra le prime due missioni e a bordo dell'elicottero l'ultima, la quale prevede anche il recupero della barella con paziente e soccorritore che verranno entrambi caricati tramite verricello.
Vengo quindi portato in zona operazioni con la motoslitta. Il rumore delle pale dell'elicottero fa eco nella valle e rimbalza sulle pareti di roccia poco lontane da noi: la prima squadra è partita. Qualche minuto e Volpe 2-1-8 è in hovering sul luogo preposto per la calata dei soccorritori: ne scendono due, seguiti dall'operatore dell'unità cinofila e dal suo pastore tedesco. Non appena il cavo d'acciaio del verricello viene issato a bordo, l'elicottero libera la zona per dar modo alla squadra di iniziare la ricerca dei dispersi. Intanto il 412 è tornato a valle per caricare il secondo gruppo della prima squadra, che viene scaricato in pochi minuti con l'elicottero in hovering a pochi centimetri dalla neve. Con queste due operazioni viene così simulato il rilascio degli operatori in zone impervie, dove il mezzo aereo non può toccare il suolo a causa dell'instabilità del terreno sottostante. Per ragioni di sicurezza, la zona in cui vengono scaricati gli operatori non è impervia, ma data la professionalità dimostrata durante questa esercitazione, è facile credere che per l'equipaggio dell'AB.412 e i soccorritori la differenza tra realtà e simulazione è ben poca.
La prima squadra si appresta a terminare le operazioni di ricerca, utilizzando sia i dispositivi ARVA (Apparecchio di Ricerca in VAlanga, ossia un transponder in grado di emettere un segnale ad una data frequenza e grazie al quale è possibile individuare l'esatta posizione del disperso di cui ne è dotato), sia il fiuto del pastore tedesco, mentre la conferma del ritrovamento viene data con l'utilizzo delle sonde. Tutti i dispersi vengono ritrovati entro il limite di tempo previsto. Bel lavoro! Segue la seconda squadra, con le stesse modalità di rilascio della prima ma in punti diversi, e anche in questo caso la ricerca ha esito positivo e nei tempi programmati.
A questo punto, grazie alla sempre utile motoslitta, vengo riportato alla zona di atterraggio per essere imbarcato nuovamente sull'elicottero e partecipare alla terza missione di ricerca. Via radio viene comunicata la luce verde, i due motori vengono accesi e la terza squadra sale a bordo: tre soccorritori e l'immancabile pastore tedesco, che non nasconde una certa impazienza nel voler salire a bordo. Ci alziamo immediatamente in volo e in poco tempo siamo in hovering pronti a “verricellare” il primo gruppo: l'operazione viene eseguita senza alcun intoppo. Anche stavolta, non appena viene recuperato tutto il cavo, ci muoviamo per caricare gli altri quattro soccorritori, che verranno scaricati a monte della valanga, con l'elicottero in hovering. Durante queste fasi, l'esperienza dei piloti che si alternano al comando è palese. Rientrati alla base, attendiamo che le operazioni di soccorso si concludano, dato che poi toccherà ancora al nostro Agusta-Bell a entrare in azione per il recupero della barella. La chiamata via radio non si fa attendere, quindi i due Pratt & Whitney vengono messi in moto e immediatamente partiamo verso la zona della valanga. Ci aspettano la barella e tre operatori, uno dei quali verrà issato a bordo con il paziente. Il recupero con il verricello è più complicato del rilascio: per effettuare questa manovra, infatti, è di fondamentale importanza la cooperazione tra i piloti e gli specialisti. Questi, infatti, calato il cavo d'acciaio, comunicano con l'interfono la direzione e la distanza di spostamento che deve essere applicata per centrare il cavo sul punto di aggancio della barella, e dalla cabina vengono effettuate precise correzioni al punto di hovering. Poche istruzioni e l'operatore a terra può agganciarsi al verricello insieme al suo prezioso carico per salire a bordo dell'elicottero. Il pilota punta il muso verso il terreno per acquistare velocità e liberare la zona. Missione completata, si torna alla base.
Intanto, il cielo sereno ha lasciato il posto a nuvole minacciose. Ci attende il pranzo in compagnia dei volontari del Soccorso Alpino e del personale della Guardia di Finanza, con successivo debriefing sui vari aspetti dell'esercitazione. All'uscita, mentre ci avviciniamo al nostro 412 per il rientro a Venegono, scende qualche fiocco di neve. Sulla via del ritorno, facciamo tappa sulla piccola aviosuperficie di Sondrio, dove possiamo effettuare il rifornimento di carburante e dove troviamo parcheggiato un Sikorsky S-64 in versione antincendio, appartenente al Corpo Forestale dello Stato, pronto ad intervenire in caso di necessità. Il volo di rientro segue la stessa rotta dell'andata; percorriamo a ritroso la sponda ovest del lago di Como e atterriamo sul piazzale antistante l'hangar della Sezione Aerea di Venegono, dove troviamo ad attenderci il Cap. Maggio, che si interessa dell'esito dell'esercitazione e della mia partecipazione. Purtroppo questa straordinaria esperienza è giunta al termine, e non mi rimane che salutare i miei compagni d'avventura e dirigermi verso casa, portando con me un bellissimo ricordo.
IMA-Photos vuole ringraziare il Corpo della Guardia di Finanza, il Comando Generale di Roma, il Comando Regionale Lombardia e il Reparto Operativo Aeronavale di Como per aver reso possibile la stesura dell'articolo e la presa in diretta delle fotografie a corredo; un ringraziamento speciale va al Cap. Antonio Maggio, Comandante della Sezione Aerea di Venegono Superiore, importante supporto per la realizzazione di questo articolo, e l'equipaggio di Volpe 218, il Luogotenente Neri, i Maresciallo Capo Preteni e Fracella e l'Appuntato Scelto Di Masi, che mi hanno accolto come un amico e sono stati disponibili a rispondere ad ogni mia domanda.